L’approccio intersezionale e quello transnazioanle nello studio dei flussi migratori: elementi per una proposta analitica

The intersectional and transnational approach in the study of migratory flows: elements for an analytical proposal

  • Sara Salvatori Universidad Pablo de Olavide. Facultad de Ciencias Sociales. Investigadora independiente. Email: sarasalvatori@hotmail.com
  • Teresa Terrón Caro Universidad Pablo de Olavide. Facultad de Ciencias Sociales.

    Vicedecana de Calidad, Innovación y Coordinación Docente de la Facultad de Ciencias Sociales, Universidad Pablo de Olavide, Sevilla..Email: mttercar@upo.es

Palabras clave: (en) Migrations, gender, social position, ethnicity, nationality, intersectionality
Palabras clave: (it) Migrazioni, genere, posizione sociale, etnia/nazionalità, intersezionalità

In una società in cui i flussi migratori stanno acquisendo sempre maggiore complessità, consideriamo l’approccio intersezionale e l’analisi transnazionale i modelli teorici maggiormente adatti a svolgere uno studio approfondito di tali fenomeni. Malgrado ciò, la loro struttura richiede una revisione critica affinché, da una parte, si realizzi la piena applicabilità di questi sistemi alla ampia varietà dei contesti culturali dei quali sono portatori i migranti, e dall’altra si crei un sistema analitico integrato per articolare lo studio dei sistemi gerarchici che regolano l’accesso dei migranti nelle società d’arrivo, allo spazio transnazionale nel quale si muovono.

In a society in which migratory flows are becoming increasingly complex, we consider the intersectional approach and the transnational analysis the theoretical models best suited to carry out a thorough study of these phenomena. In spite of this, their structure requires a critical revision so that, on the one hand, the full applicability of these systems to the wide variety of cultural contexts of which migrants are brought, and on the other an integrated analytical system is created to articulate the study of the hierarchical systems that regulate the access of migrants in the arrival societies, to the transnational space in which they move.

Cómo citar
Salvatori, S., & Terrón Caro, T. (2019). L’approccio intersezionale e quello transnazioanle nello studio dei flussi migratori: elementi per una proposta analitica. Collectivus, Revista de Ciencias Sociales, 6(1), 35-46. https://doi.org/10.15648/Coll.1.2019.3

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Recibido: 3/09/2018

Aprobado versión definitiva: 15/11/2018


L’APPROCCIO INTERSEZIONALE E QUELLO TRANSNAZIONALE NELLO STUDIO DEI FLUSSI MIGRATORI:

ELEMENTI PER UNA PROPOSTA ANALITICA

El ENFOQUE INTERSECCIONAL Y EL TRANSNACIONAL EN EL

ESTUDIO DE LOS FLUJOS MIGRATORIOS:

ELEMENTOS PARA UNA PROPUESTA ANALÍTICA


Sara Salvatori*

Teresa Terrón Caro**


DOI: http://dx.doi.org/10.15648/Coll.1.2019.3


Riassunto

In una società in cui i flussi migratori stanno acquisendo sempre maggiore complessità, consideriamo l’approccio intersezionale e l’analisi transnazionale i modelli teorici maggiormente adatti a svolgere uno studio approfondito di tali fenomeni. Malgrado ciò, la loro struttura richiede una revisione critica affinché, da una parte, si realizzi la piena applicabilità di questi sistemi alla ampia varietà dei contesti culturali dei quali sono portatori i migranti, e dall’altra si crei un sistema analitico integrato per articolare lo studio dei sistemi gerarchici che regolano l’accesso dei migranti nelle società d’arrivo, allo spazio transnazionale nel quale si muovono.

Parole chiave: Migrazioni, genere, posizione sociale, etnia/nazionalità, intersezionalità.





El ENFOQUE INTERSECCIONAL Y EL TRANSNACIONAL EN EL ESTUDIO DE LOS FLUJOS MIGRATORIOS: ELEMENTOS PARA UNA PROPUESTA ANALÍTICA


Resumen

En una sociedad en la que los flujos migratorios se hacen cada vez más complejos, consideramos que el enfoque interseccional y el análisis transnacional son los modelos teóricos más adecuados para llevar a cabo un estudio exhaustivo de estos fenómenos. A pesar de esto, su estructura requiere una revisión crítica para que, por un lado, la plena aplicabilidad de estos sistemas a la amplia variedad de contextos culturales de los que se traigan migrantes, y por el otro, se cree un sistema analítico integrado para articular el Estudio de los sistemas jerárquicos que regulan el acceso de los migrantes en las sociedades de llegada, al espacio transnacional en el que se desplazan.


Palabras clave: Migraciones, género, posición social, etnicidad / nacionalidad, interseccionalidad.


THE INTERSECTIONAL AND THE TRANSNATIONAL APPROACHES IN THE STUDY OF MIGRATION FLOWS:ELEMENTS FOR AN ANALYTICAL PROPOSAL


Abstract

In a society in which migratory flows are becoming increasingly complex, we consider the intersectional approach and the transnational analysis the theoretical models best suited to carry out a thorough study of these phenomena. In spite of this, their structure requires a critical revision so that, on the one hand, the full applicability of these systems to the wide variety of cultural contexts of which migrants are brought, and on the other an integrated analytical system is created to articulate the study of the hierarchical systems that regulate the access of migrants in the arrival societies, to the transnational space in which they move.


Keywords:Migrations, gender, social position, ethnicity / nationality, intersectionality.


  1. Introduzione

La complessità dell’analisi degli attuali flussi migratori ha acceso numerosi dibattiti riguardanti l’approccio teorico maggiormente adatto a comprenderne le caratteristiche e i complessi fenomeni che si articolano intorno ai concetti di micro, meso e macro analisi. Un’inquietudine che abbiamo condiviso quando, come ricercatrici, ci siamo confrontate con i rispettivi terreni di ricerca, e che abbiamo cercato di risolvere approntando un apparato teorico interdisciplinare e interconnesso. 

La risposta ai quesiti nati da queste premesse ci ha condotto all’analisi critica di due approcci, quello intersezionale e quello transnazionale. Le ragioni di tali scelte sono riassumibili nella necessità di approntare un percorso analitico che fosse in grado di identificare l’eterogeneità delle migrazioni, così come potesse dar vita a uno studio che non sottovalutasse la multi-località delle migrazioni e le conseguenze che da ciò derivano.

Il risultato è un approccio integrato attraverso il quale due schemi teorici si uniscono in un’unica soluzione interpretativa.

Allo scopo di presentare quanto elaborato, i primi due paragrafi di questo testo sono dedicati a un breve excursus relativo all’approccio intersezionale e a quello transnazionale. Gli ultimi due paragrafi, invece, sonoincentrati sulla proposta teorica che abbiamo formulato. In quest’ultimo caso, si è cercato di evidenziare gli elementi del cambiamento attraverso una serie di passaggi logici che ci hanno portato a individuare un “campo integrato d’analisi”. In questo contesto lo studio delle migrazioni avviene tramite l’analisi dei sistemi gerarchici che regolano l’accesso dei migranti nelle società d’arrivo, la cui articolazione con lo spazio transnazionale permette di individuare ed esaminare le forme di agency prodotte dagli uomini e dalle donne che intraprendono percorsi migratori.


  1. Approccio intersezionale: gli esordi e i successivi sviluppi

Negli anni ’70 del 1900, all’interno delle correnti femministe, erano stati portati avanti una serie di studi che si focalizzavano sull’analisi del genere, della classe sociale e dell’etnia/razza con il proposito di rendere visibile l’oppressione a cui erano soggette le donne afro-americane all’interno della società statunitense. Malgrado ciò, la difficoltà insita nell’obiettivo prefissato aveva stimolato, una decina d’anni dopo, una serie di riflessioni che avevano avuto il merito, da una parte, di riconoscere l’importanza del genere, della classe e dell’etnia/razza quali elementi dell’analisi, dall’altra però, avevano evidenziato la necessità di riformulare l’approccio teorico. Fu così che si arrivò a comprendere che lo studio incentrato sui meccanismi che creavano disuguaglianze dovevano basarsi sulla interconnessione del genere, della classe sociale e dell’etnia/razza. Una riflessione che nasceva dal riconoscimento dell’azione congiunta di ciascun elemento dell’analisi, il cui operato non avveniva su base individuale ma in interazione gli uni con gli altri (Anthias e Yuval-Davis, 1983).

In questo modo si era raggiunto un obiettivo essenziale, quello di riconoscere la diversità all’interno del gruppo composto dalle donne che fino ad allora veniva, invece, considerato omogeneo. In effetti, questa presunta omogeneità aveva di fatto nascosto le disuguaglianze che si generavano nell’ambito della rivendicazione di diritti che si credevano uguali per tutte le donne.

Più precisamente l’introduzione del concetto di etnia all’interno degli studi femministi aveva rivelato la presenza di gruppi etnici dentro il macro-gruppo composto dalle donne, dando, così, visibilità alla componente afro-americana e alla tripla oppressione che derivava dall’etnia, dal genere e dalla classe di appartenenza. Per la prima volta si puntava il dito non solo sulla discriminazione uomo-donna, ma anche su quella che avveniva all’interno della lotta femminista incentrata, fino a quel momento, sulla rivendicazione di diritti che riguardavano in particolare le donne bianche e di classe media (Crenshaw, 1991).

Due delle principali fautrici dell’approccio intersezionale, Anthias e Yuval-Davis (2010), a distanza di trent’anni dalle loro prime riflessioni ripropongono l’uso di questa struttura teorica all’interno dello studio sulle migrazioni. In particolare si rivolgono alla diversità delle esperienze che caratterizza il vissuto non solo delle donne appartenenti a classi sociali e a etnie differenti che provengono dai paesi occidentali, ma anche a quelle che vi migrano presentando forme di oppressione che si differenziano da quelle presenti nei paesi di destinazione dei flussi migratori.

Le due autrici, coerenti con un approccio centrato sulla lotta politica, sostengono la necessità di frammentare l’universo femminile con lo scopo di riconoscere la condizione specifica di ciascuna donna. Allo stesso tempo, rivendicano la possibilità che attraverso questo tipo di approccio basato sul riconoscimento, si possa essere in grado di costruire un unico movimento femminista che raccolga tutte le varie istanze. Si passa così da un primo timido approccio alle migrazioni da parte di Anthias e Yuval-Davis (1983), che negli anni ’80 del secolo scorso si domandavano se le donne migranti potessero essere considerate un gruppo etnico, alla convinzione, trent’anni dopo, non solo di essere di fronte a individui la cui esperienza migratoria si è forgiata in un’identità etnica, ma anche di considerare questo gruppo eterogeneo al suo interno, passibile di essere analizzato attraverso l’approccio intersezionale.

Poco tempo dopo Anthias (2012) fa un ulteriore passo in avanti stabilendo una correlazione tra l’approccio intersezionale e il transnazionalismo. Le sue considerazioni si basano sull’importanza della presenza simultanea dei migranti in più contesti geografici. Infatti è proprio il carattere simultaneo delle migrazioni transnazionali il fattore sul quale imperniare lo studio delle dinamiche che determinano l’inserimento dei migranti in un contesto sociale gerarchizzato. Sulla base di ciò, l’autrice fa riferimento all’esistenza di meccanismi che fanno contemporaneamente sperimentare ai migranti condizioni di dominazione e subordinazione, in base ai quali il primo avviene nei paesi di origine e il secondo nei paesi d’arrivo.

In conclusione è possibile osservare che l’approccio intersezionale applicato all’analisi delle migrazioni rende visibili le disuguaglianze che uomini e donne migranti sperimentano quando si inseriscono nelle comunità d’arrivo. La loro presenza determina la costituzione di nuovi modelli di stratificazione sociale basati sulla trasformazione delle relazioni di genere, classe ed etnia (Oso Casas e Ribas Mateos, 2013; Parella Rubio, 2000), arrivando a produrre ciò che Massey (2014) definisce una new urban underclass ossia una nuova forma di proletariato formata da chi emigra e si inserisce negli strati sociali più bassi dei paesi di immigrazione.


  1. La dimensione transnazionale delle migrazioni

Il termine “transnazionale” appare per la prima volta negli anni ‘70 del 1900 in un articolo intitolato Transnational relations and worlds politics: an introduction in cui gli autori, Nye e Keohane (1971), fanno riferiscono al flusso di beni materiali e immateriali che attraversano le frontiere. Negli anni ‘90 Glick Schiller e le sue colleghe ripropongono il concetto applicandolo ai flussi migratori. Questa trasposizione amplia il significato del termine “transnazionale” che nell’interpretazione delle autrici, si trasforma in un processo attraverso il quale i migranti costruiscono e operano per mezzo di campi sociali che uniscono i paesi di arrivo a quelli di partenza. Le reti sociali sono parte integrante di questo panorama divenendone gli strumenti che permettono di mantenere i legami familiari, economici, sociali, religiosi, politici, etc., attraverso le frontiere (Glick Schiller, Bash e Blanc-Szanton, 1992).

Questa nuova visione ed interpretazione delle migrazioni permette di riconoscere un cambiamento epocale all’interno della mobilità, incorporando l’idea di movimenti che non terminano una volta raggiunto il paese meta della migrazione, ma che, al contrario, danno vita a scambi continui anche grazie alle innovazioni tecnologiche che hanno ridotto i tempi e i costi degli spostamenti e delle telecomunicazioni. Una pratica che, all’interno dell’approccio transnazionale, si traduce attraverso il concetto della presenza simultanea dei migranti in differenti contesti geografici, che Levitt e Glick Schiller (2004) definiscono vincoli ininterrotti tra agenti nonostante le distanze. In altre parole, l’assenza del migrante dal paese di origine che un tempo caratterizzava le partenze (Sayad, 2002), si trasforma in presenza costante attraverso la lente del transnazionalismo.

Ciò che accomuna i successivi tentativi da parte di vari autori di creare un corpus teorico maggiormente dettagliato rispetto alla prima proposta presentata da Glick Schiller e le sue colleghe, è quello di considerare l’approccio transnazionale uno strumento in grado di evidenziare la capacità di agency dei migranti. Sulla base di ciò, Smith (1999) formula il concetto di “forme sociali transnazionali” che suddivide in base agli attori coinvolti nelle transazioni. Portes (2007) propone l’idea della “globalizzazione dal basso” per riferirsi alla capacità dei migranti di generare strategie transnazionali nel tentativo di sanare le iniquità prodotte dai governi e dalle organizzazioni sovranazionali. Boccagni (2009), invece, suddivide i vari ambiti all’interno dei quali si produce l’azione dei migranti, distinguendo tra le hometown associations dove l’ambito in gioco è quello identitario, le famiglie transnazionali la cui sfera d’azione è quella relazionale e le attività economiche caratterizzate da un comportamento associato a pratiche di scambio.

Ovviamente si tratta di un elenco non esaustivo al quale aggiungiamo seppur brevemente Vertovec (2006), per il quale la migrazione transnazionale produce trasformazioni a livello individuale, politico ed economico e Itzigsohn e Saucedo (2005) che analizzano il transnazionalismo in rapporto alle risorse culturali, sociali ed economiche che sono a disposizione dei migranti. Degno di menzione è infine il lavoro di Waldinger (2015) che, contrariamente ai suoi colleghi, mette in discussione la capacità euristica dell’approccio transnazionale.

Questo autore confuta il principio che guida l’analisi transnazionale in base al quale il migrante manterrebbe inalterato il legame con il luogo di origine, creando attraverso di esso reti sociali tra più paesi. Infatti, secondo Waldinger (2015) il tempo diviene il fattore che trasforma il sentire del migrante che, poco a poco, acquisisce gli elementi identitari del paese di residenza con il conseguente affievolimento dell’attaccamento verso la madrepatria.

Senza entrare nel merito di questo dibattito, la cui validità risiede nella possibilità di confrontare idee e turbamenti, consideriamo l’approccio transnazionale un valido alleato per lo studio di molti dei fenomeni migratori attuali che attraverso le ricerche empiriche hanno dimostrato di possedere le caratteristiche di fenomeni associati alla costruzione di esempi transnazionali di mobilità (Levitt, 2015; Faist, 2015; Glick Schiller, 2015).


  1. Una proposta di rielaborazione dell’approccio intersezionale per lo studio dei fenomeni migratori

Anche secorroboriamo la proposta di Anthias e Yuval-Davis (2010) in merito all’applicabilità dell’approccio intersezionale allo studio dei flussi migratori, non concordiamo sulla necessità di adoperare ulteriormente concetti che fanno leva sulla classe sociale e sull’etnia/razza. Infatti, se è vero che l’analisi fondata sull’interconnessione degli elementi che concorrono alla formazione di gerarchie sociali è centrale anche nello studio delle migrazioni, meno certo è l’uso di strumenti analitici che fanno riferimento a un determinato contesto culturale. In altre parole è auspicabile l’elaborazione di una modalità analitica che si adatti all’oggetto di studio e per farlo è necessario, in primo luogo, sganciarsi dall’ambito marxista all’interno del quale è stato creato l’approccio intersezionale. E’, cioè, fondamentale che l’analisi della costituzione di gerarchie edificate sulla nozione di classe sociale, passi ad un concetto neutro che possa essere applicato a diversi contesti culturali. Per questo motivo proponiamo l’uso della nozione di posizione sociale che, in linea generale, si riferisce al posizionamento degli individui in base allo status e al prestigio, all’interno dei differenti strati che compongono il tessuto sociale (Hillmann e Riu, 2001).

In maniera specifica facciamo riferimento al concetto elaborato da Bourdieu (1997) per il quale l’inserimento degli individui nello spazio sociale si realizza in base al capitale culturale ed economico da essi posseduto. In questo modo si crea uno spazio stratificato all’interno del quale la posizione dei soggetti determina legami di vicinanza con coloro che mantengono lo stesso status e di allontanamento fisico e simbolico da chi, al contrario, presenta caratteristiche culturali ed economiche differenti. Inoltre, è necessario aggiungere che non si tratta di gruppi statici ma dinamici dal momento che la mobilità sociale permette agli individui di avanzare in maniera ascendente o discendente lungo la scala sociale in base alle risorse individuali e a quelle derivanti dal macro-contesto di inserimento (Giner, Lamo de Espinosa e Torres, 1998; Pla, 2013).

Passando ora al concetto di etnia/razza, consideriamo necessario modificare questo binomio aggiungendo al posto di razza il termine nazionalità. In effetti la parola razza utilizzata nel mondo anglosassone, mal si adegua ad un uso più esteso a causa delle implicazioni insite in un concetto che nasce all’interno delle scienze biologiche e che vuol essere applicato alle scienze sociali. Ragion per cui il nuovo binomio dovrebbe trasformarsi in etnia/nazionalità. La nostra proposta nasce da una premessa fondamentale: non tutti i migranti si considerano appartenenti ad una etnia. Se poi ci focalizziamo sulle donne migranti, si scopre che si tratta di un gruppo estremamente eterogeneo, al cui interno la coscienza di sé passa attraverso il considerarsi appartenenti ad una etnia o ad un paese sulla base della nazionalità.

Nell’articolo presentato da Salvatori e Terrón-Caro (2018) le donne qualificate che migrano dal Messico verso gli Stati Uniti si auto-identificano attraverso l’appartenenza ad un paese, ottenendo così lo scopo di creare una barriera fisica e simbolica con quei connazionali che al contrario si considerano appartenenti ad una etnia. La strategia adottata da queste donne ha anche lo scopo di distanziarsi dagli stereotipi che assegnano ai messicani caratteristiche che, negativamente, li posizionano negli strati sociali più bassi della società statunitense nonostante le qualifiche ottenute nel paese di origine.

Le due autrici inoltre sottolineano il fatto che a livello euristico l’uso del concetto di nazionalità, gli ha permesso di rendere visibili fenomeni generalmente occultati dall’uso eccessivo del concetto di etnia all’interno degli studi sulle migrazioni(Salvatori e Terrón-Caro, 2019).

Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, si evince che la proposta relativa alla rielaborazione dell’approccio intersezionale non riguarda il principio alla base di questo strumento di lavoro. Infatti consideriamo di fondamentale importanza per lo studio delle migrazioni l’analisi dei fattori su cui poggiano le gerarchie sociali. Ciò che invece consideriamo utile modificare sono gli elementi dell’analisi che, in questo modo, divengono strumenti in grado di studiare la varietà dei contesti culturali nei quali sono immerse le migrazioni. In altre parole, l’approccio intersezionale che proponiamo si basa sull’analisi di genere, della posizione sociale e dell’etnia/nazionalità.


  1. L’approccio intersezionale integrato dall’analisi transnazionale

L’ultimo punto della nostra proposta riguarda la necessità di dotare l’approccio intersezionale della capacità di analizzare le migrazioni all’interno del contesto transnazionale nel quale si inseriscono. Per fare ciò, ripartiamo da Anthias (2012) e dall’importanza che questa autrice attribuisce all’analisi della posizione di dominazione e di subordinazione che i migranti sperimentano contemporaneamente in differenti contesti geografici. La simultaneità è, quindi, l’elemento centrale al quale fa riferimento Anthias (2012) e che Mahler, Mayurakshi e Vrushali (2015), analizzando le famiglie transnazionali, propongono di includere all’interno dell’approccio intersezionale come un ulteriore elemento di interconnessione, al fine di rendere visibile il differente impatto che la migrazione ha sulla mobilità sociale dei nuclei familiari nei paesi di origine e in quelli di destinazione. Si tratta, in effetti, di considerare le migrazioni eventi complessi la cui azione non si limita a un unico Stato-nazione (Lafleur y Vivas Romero, 2018).

Dal nostro punto di vista, l’unione tra l’approccio intersezionale e quello transnazionale non prevede fusioni, ma la capacità di agire in “comunione di intenti”. Più precisamente non si tratta di creare una terza via, ma di usare gli strumenti in dotazione ad entrambi gli approcci per analizzare in profondità i flussi migratori. Proprio per questo motivo sarebbe riduttivo associare il transnazionalismo esclusivamente alla simultaneità, caratteristica che tra l’altro non rappresenta la totalità dell’apparato analitico di cui gode l’approccio transnazionale.

A questo proposito, riprendendo le argomentazioni di Levitt e Glick Schiller (2004), notiamo che la simultaneità dei legami tra paese di origine e quello d’arrivo è il risultato dell’azione delle reti sociali attraverso le quali i legami crescono e si fortificano all’interno di ciò che le autrici definiscono campi sociali. In questo modo l’analisi delle reti diviene un ulteriore elemento che in collaborazione con gli altri, permette di approfondire lo studio delle strutture di potere e la formazione delle disuguaglianze (Glick Schiller, 2008).

La domanda alla quale rispondere ora è da quale punto di vista analizzare le reti. Wissink, Düvell e Mazzuccato (2017) hanno introdotto lo studio degli eventi critici nell’analisi della trasformazione delle reti, mentre Bojarczuk e Mühlau (2017) si sono concentrati sulla comparazione tra reti transnazionali e reti locali per definire il ruolo che esse svolgono all’interno delle attività di riproduzione delle famiglie composte da migranti.

Altri studi si sono invece concentrati sull’analisi di ciò che circola all’interno delle reti, del significato che i beni materiali e immateriali acquisiscono durante gli scambi e le persone coinvolte in essi, per definire la maniera in cui attraverso le reti non solo si costruiscono forme di simultaneitàdei migranti e non migranti in differenti contesti, ma si generano anche spazi sociali transnazionali (Salvatori e Terrón-Caro, 2017).

In definitiva si tratta di tentativi nati dalla necessità di approntare un corpus analitico che sia in grado di studiare la composizione delle reti, gli scambi che si creano al loro interno e il modo in cui viene veicolata la simultaneità della presenza dei migranti in più contesti geo-politici (Bilecen, e Van Mol, 2017).

Comunque ciò che vogliamo risaltare in questo testo è che al di là del punto di vista dal quale si parte per analizzare le reti, è necessario creare una connessione tra i vari livelli dell’analisi per poter ottenere una conoscenza approfondita di fenomeni che acquisiscono sempre maggiore complessità.

Per questo motivo nella figura 1 presentiamo l’impianto teorico risultante dall’integrazione dell’approccio intersezionale all’analisi transnazionale. Ciò che si crea è un “campo integrato d’analisi” al cui interno l’ interconnessione delle caratteristiche relative a ciascun elemento di studio produce una visione maggiormente coerente e articolata degli attuali flussi migratori.





Figura 1. Impianto teorico integrato





Fonte: Elaborazione delle autrici dell’articolo.


In questo modo, sarà possibile porre l’accento sull’eterogeneità della composizione dei flussi migratori all’incorporare concetti quali il genere, la posizione sociale e l’etnia/nazionalità. Allo stesso tempo, questa distinzioneè propedeutica anche per dimostrare che il capitale culturale delle persone è una caratteristica che non sempre valica i confini del paese di origine, permettendo di studiare le differenti strategie che i migranti mettono in atto per raggiungere i propri obiettivi.



  1. Conclusioni

Attraverso questo articolo abbiamo cercato di attrarre l’attenzione verso uno strumento analitico che, nonostante la validità euristica che gli viene riconosciuta, continua a non convincere del tutto i ricercatori che si occupano di migrazioni. Il motivo risiede nell’ovvia impossibilità di analizzare contesti differenti rispetto a quello per cui è stato creato. In effetti l’approccio intersezionale è l’emanazione di un’epoca e di un contesto specifici.

Proprio per ovviare a queste difficoltà, nel corso di queste pagine abbiamo presentato una proposta di rielaborazione degli elementi d’analisi sui quali si dovrebbe basare un approccio intersezionale adatto a svolgere ricerche all’interno dei differenti contesti culturali, che coinvolgono gli attuali flussi migratori. Sulla base di ciò, abbiamo definito il genere, la posizione sociale e l’etnia/nazionalità, gli elementi sui quali fondare una ricerca modulata sull’interconnessione dei fattori.

Inoltre, condividendo le preoccupazioni di chi considera necessario integrare questo strumento di lavoro con l’analisi transnazionale delle migrazioni data la multi-località che caratterizza la mobilità dei migranti, abbiamo proceduto ad una breve analisi critica degli strumenti in grado di arricchire ulteriormente l’analisi dei flussi.

Il risultato è ciò che abbiamo definito un “campo integrato d’analisi”, nel quale lo studio della mobilità si articola su vari livelli per poter procedere ad un’analisi che parta innanzitutto dall’individuo, riconoscendone le caratteristiche salienti nel genere, la posizione sociale e l’etnia/nazionalità. Contemporaneamente questo metodo di ricerca si fonda sull’esame delle strategie messe in atto dai migranti all’interno di spazi transnazionali e influenzate dal macro-contesto nel quale si inseriscono, con lo scopo di evidenziare la capacità di agency degli individui. Si tratta in definitiva di un modello analitico incentrato sull’articolazione del micro, ossia i migranti, con il meso e il macro identificati con il mercato del lavoro, le politiche migratorie nazionali e sovranazionali, le politiche sociali ecc., con l’obiettivo di produrre un sapere che possa identificarsi con il metodo induttivo.


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Para citar este artículo:

Salvatori, S. y Terrón Caro, T. (2019). L’approccio intersezionale e quello transnazionale nello studio dei flussi migratori: elementi per una proposta analitica. Collectivus, Revista de Ciencias Sociales, 6(1), 35-46.

DOI: http://dx.doi.org/10.15648/Coll.1.2019.3


**Investigadora independiente. Piazza Aruleno C. Sabino, 13 – 00174 Roma (Italia). Email:

sarasalvatori@hotmail.com

****Vicedecana de Calidad, Innovación y Coordinación Docente de la Facultad de Ciencias Sociales, Universidad Pablo de Olavide, Sevilla. Carretera de Utrera, Km. 1 – 41013 Sevilla (España). Email: mttercar@upo.es

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